L’ombra e il silenzio

L’ombra e il silenzio

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Lei osservava l’ora avanzare come un’ombra sul muro.

L’universo del suo spirito gridava per esistere, ma quelle grida si perdevano in un vuoto muto, condannandola a un vagare stanca tra tutte le sue fratture interiori. Un merlo, immobile sull’ultimo ramo, le ricordò il momento. Doveva tornare indietro, oppure no, semplicemente scegliere. Voltare lo sguardo verso un altrove.

Decise. Tolse i vestiti, inutili come il tempo che aveva perso, e lasciò che la notte l’accogliesse. Avanzò verso le luci della città, nuda, non di vergogna ma di scopi definitivi. Il vento, passando tra i rami dei salici nudi d’acqua, le restituì la realtà come un sussurro ironico: il mondo non l’aveva ancora sconfitta. Eppure, ricordava: nessuno cammina nudo nel millennio della finzione. “Rivestiti,” sembrava dire il silenzio.

Due fiori scarlatti galleggiavano sul lago, pulsando vita nella loro brevità. Si consumarono presto, come promesse non mantenute, lasciando il loro respiro imprigionato in uno scritto ormai dimenticato. Lei li osservò dissolversi, senza provare nessun rimpianto.
Crederci: questa era l’illusione che si permetteva. Firmò il quadro, il pennello posato accanto alla tela come un’arma smessa. La donna che aveva dipinto le sorrideva, un sorriso fermo, definitivo. In quell’immobilità, Lei percepiva una verità.

Il colore le parlava di movimento, ma non di fuga. Ogni tratto era un percorso, ogni sfumatura una resistenza. La sua pittura era un grido senza voce, ma pieno di senso. Nell’astrazione, Lei sapeva che non c’erano errori: c’era solo lei, e quel suo incessante desiderio di un mondo che fosse libero.

2025