Ladro di attimi

Ladro di attimi

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Una panchina curva, un po’ sgraziata, come certe vite che si vedono in giro.

Una donna seduta, con le spalle al mondo, forse agli altri, forse a se stessa.

Davanti a lei, una coppia ride. Non si capisce se di lei, con lei, o per qualcosa che li ha sfiorati un secondo prima.

Dietro, il teatro del sole: gambe che camminano, teste chine, passi fuori posto e colonne stanche. È tutto lì, ma nessuno recita.

Io le foto le rubo. Non chiedo permesso. Non sistemo i capelli a nessuno. Non c’è trucco, non c’è posa, non c’è “aspetta che mi metto bene”. Non m’interessa il bello per forza.
Cerco solo la verità.

Quella sporca, storta, quella che si mette di traverso. Quella che accade quando non guardi. La risata che ti scappa prima che te ne accorgi. La spalla piegata dal peso dello zaino e dei giorni. La stanchezza nelle ginocchia. Un pianto improvviso. Una risata. L’occhio perso in mezzo al traffico.
L’anima che in quel momento chissà dove va, lasciandoti lì solo, senza pensieri.

La foto a colori mente. Mente sempre. Bugiarda per natura. Tutti sembrano più sani, più vivi, più lucidi. Ma io cerco l’ombra. Le pieghe. L’attimo in cui il mondo si dimentica di essere fotografato. Cerco la gente vera, non quella imbalsamata come santi dietro i vetri delle chiese dimenticate da Dio. Guardo le crepe. Le briciole. La saliva che scende dalla bocca. Lo starnuto improvviso. Guardo quando la vita ti scappa e nemmeno te ne accorgi. Perché lì, in quell’istante, sei vero.
Ed è lì che ti rubo. Senza permesso. Senza scuse. Bianco e nero. Come la verità.

O come non è.

G.L. Maggio 2025