QUELLO CHE MI RESTA ADDOSSO

QUELLO CHE MI RESTA ADDOSSO

Di me, di quelle piogge e nubi che sembravano animali.
Le giornate tiepide con il fiato corto.
E poi mi avvinghiavo a coperte fatte di mosche.

Di me sempre impavido e trepidante,
in un teatro antico ma troppo dismesso,
tra i profumi di una vita che ti scoppia addosso.

Di me, ombre maleodoranti
dove nulla aveva senso.
Neanche le lacrime dopo un sogno,
o un processo frettoloso e rivoluzionario.

Poi le pieghe di un cuore trafitto.
La morte di un fiore in un corridoio troppo lontano.

Una valigia rossa la mia infanzia.
Ero ubriaco di notte
tra spinelli, birra, sigarette mai fumate
e vomito su una vita che mi scoppia addosso.

Di me, campane spezzate
e tavole di legno con ceci a punire le anime malferme.
Sguardi che ruotano di scatto.
Gomme nere a nascondere trespoli di noia.

Di me, carboni sempre accesi.
Un mare dietro le siepi.
Fondali di me stesso.
Ma eravamo paura,
venti e onde sulle cime delle montagne.

Poi risa incontrollate,
ragazzi che parlavano correndo come randagi.
Ed eravamo figli di Normanni,
con occhi scuri, capelli biondi
e senza cuore.

Di me quel tempo
non ho dimenticato l’odore addosso
di rami bruciati.
E dentro, il segreto di una vita che iniziava.

La notte cercava il seme della luce.
E il ventre di una madre che non c’era.

Di me, che ostentavo la sabbia nelle mutande
e troppo poco tempo per amare.

@G.L. agosto 2021