(scritta nel 2015)
È da un po’ che non ti parlavo.
Forse sei andata via per un po’, o hai avuto altro da fare.
O forse, semplicemente, sono stato io a distrarmi troppo.
È da un po’ che volevo parlarti.
Ho una tua foto davanti. Ti guardo. Hai il capo reclinato da un lato, come se osservassi altrove.
Sai, qui è tutto normale… o forse no.
Lei è in cucina, o alle prese con sua madre.
Francesco sta girando l’ultima scena del suo cortometraggio.
Luca è intrappolato nella rete, convinto di essere l’ultimo hacker rimasto sulla terra.
Mattia cresce: oggi ha quattordici anni e sogna di fare lo chef — o comunque lavorare in un ristorante.
E poi c’è Andrea, gioioso, con il suo trolley pronto per il primo viaggio scolastico.
E io…
Io ho lasciato alle spalle quel che per diciannove anni è stato il mio mattino.
Il mio cuore, a un certo punto, ha deciso di rallentare.
Ha avuto bisogno di uno stop.
Ma poi ha ripreso il suo corso.
Oggi sono ventitré anni che non ci sei più.
Perdonami, ma non è stato facile dire quanto mi manchi.
Non hai conosciuto i miei figli, lo so.
Ma loro conoscono te, forse più di chiunque altro.
Non passa giorno che non racconti loro di te.
Di ciò che sei stata e di ciò che sei ancora.
Di quella vita fatta di noi,
di occhi felici, tormentati, pieni d’amore.
È da un po’ che volevo parlarti, scriverti.
Raccontarti cosa è accaduto quaggiù.
Adesso siamo ovunque, in ogni luogo della terra.
Siamo con tutti, e di tutti.
E anche, volendo, di nessuno.
Non abbiamo più confini.
La tv in bianco e nero non esiste più.
Neanche i telefoni fanno più il loro dovere.
Ci hanno coperti di illusioni che scorrono come lenzuola sporche.
Abbiamo perso un po’ di tenerezza.
Forse siamo diventati un po’ più cattivi.
Ma i respiri di chi ci manca…
quelli no.
Quelli non li abbiamo persi.
Volevo dirti che ti sento, sempre.
Dentro.
Perché io sono la tua carne, il tuo sangue, il tuo cuore.
E adesso sto bene, credimi.
Volevo dirti che un altro pezzo di cuore se n’è andato,
[ma sono sicuro che tu già lo sai.]
E che altri cuori si sono ritrovati.
Altri, invece, hanno reciso il cordone.
Sono passati ventitré anni.
Avrei tanto da raccontarti.
A volte piove, e resto a guardare fuori dalla finestra.
Guardo quelle gocce — sembrano lacrime — e mi pare di sentire la tua voce.
Sento un profumo salire.
Un sorriso. Uno sguardo.
E un nodo alla gola.
Ciao, mamma.
@G.L. – 2015