Le cicale spezzate

Le cicale spezzate

(un frammento d’inferno di un’estate qualunque)

Lei sta lì, mezza nascosta nell’ombra di un albero mezzo morto, col bambino incollato al petto come un’appendice inutile. Guarda il marito che si ingozza una pizza grondante sudore, il suo. Un uomo che sa di carne andata a male e mozzarella di bufala triste.

Lui ha lo sguardo spento di chi ha smesso di capire, si tiene la testa con una mano sudaticcia mentre lei agita un ventaglio rotto come una condannata a morte. Il Grecale non passa da qui. Troppa disperazione pure per lui.

Lei, in piedi, fissa i topi, sì, veri topi, che attraversano la strada in cerca di un condizionatore. I topi almeno sanno cosa vogliono.

Lui corre tra i tavoli come un criceto impazzito, portando piatti caldi e senz’anima. Manca solo che grugniscano.

I bambini urlano. Stonano. Mordono. Sono piccole cicale con le ginocchia spaccate, urlano come se volessero rompere il mondo solo per non doverci vivere. Versano Coca-Cola e lacrime in egual misura, festeggiano compleanni come fossero funerali.

Un tizio con una sigaretta incollata al labbro cerca un angolo per respirare, ma qui l’aria è marcia anche sotto i tavoli. Forse sta solo cercando un buco dove dimenticarsi.

Lei ride, ma ha gli occhi pieni di pianto rancido. Spacchetta l’ennesimo regalo inutile con le mani tremanti, mentre le cicale, stremate, cadono sui tavoli, stecchite.

Lui si spegne la sigaretta sul braccio e non fa una piega.
Lei non sente più nulla, ha già esaurito la Treccani del dolore. Parla da sola. Come fanno i pazzi, i santi o le madri. Si versa altro vino bianco, sperando che l’alcol faccia quello che la vita non ha saputo fare: cancellare.

Lui sguazza nel caldo come una rana cieca in una pozzanghera oleosa, cercando donne con la voce gentile e le mani pulite. Non ne troverà.

Lei è chiusa in un guscio mentale blindato, dove il Natale non esiste e nemmeno il futuro. Le cicale cantano solo in estate, e solo per chi ha ancora un motivo.

Lui cammina scalzo tra vetri rotti, tagliandosi la pelle in silenzio, come se fosse l’unico modo per sentire qualcosa. Racconta le sue ossessioni alle cicale.
Loro lo ascoltano. E poi muoiono.

 @G.L. agosto2024