(senza chiedere permesso al caos)
Ci sono giorni in cui qualcuno, qualcosa, entra nella mia testa a piedi nudi.
Non bussa. Non chiede mai permesso.
Cammina sul pavimento sporco dei pensieri, schiaccia ricordi lasciati lì come cicche spente male. Scivola sulle paure, sulle menzogne che ho raccontato persino a me stesso. A volte inciampa in una fantasia sbagliata, ma non cade mai.
Forse è una donna. Le ho messo nome “Tecla”, nome che viene da chissà dove.
O forse sono io, ma con una voce diversa e il cuore più leggero. Si muove nel caos ballando, come di chi sa di non avere più niente da perdere.
Non giudica.
Non pulisce.
Ma ogni tanto sposta qualcosa, come chi riordina una stanza prima di andarsene per sempre.
Apre una finestra, spegne una luce. Si accende una sigaretta. Beve.
Rilegge il dolore ad alta voce, e io la guardo, seduto sul bordo del letto della mia coscienza, in mutande, con le occhiaie che mi pesano come se avessi delle monete sugli occhi come Cristo.
“Che cazzo cerchi?”. Le chiedo.
Lei non risponde. Cammina. Poi si ferma, mi fissa, e dice solo:
“Sto mettendo ordine. A modo mio. “
E in culo al mondo.
@G.L. – luglio 2025