(A volte nella vita incontriamo persone che non passano , ti restano incastrate dentro, come spine di rose sotto pelle. Tecla è stata una di quelle.
Una storia vera, accaduta una notte d’inverno, tra la neve e il silenzio delle Madone.
Era un anno qualsiasi, di tanto tempo fà. Ma di una cosa era certo: era dicembre, poco prima di Natale.
Loris decise di tornare a Petralia Soprana, un piccolo borgo incastonato tra le montagne delle Madonie in provincia di Palermo.
Lì, anni prima, aveva conosciuto Tecla. Una donna che gli era entrata dentro come un coltello ben affilato. Non per la bellezza, anche se era di una bellezza spaventosa, ma per come gli violentava la testa, per come gli scavava dentro con gli sguardi, con i discorsi, con la sua voce. Ogni volta che stavano insieme era un orgasmo mentale.
Quella sera, senza un motivo apparente, forse per nostalgia o per fame di lei, salì in macchina e guidò verso le tortuose strade delle Madonie.
Era passato molto tempo dall’ultima volta. Non si sentivano da mesi. Ma c’era qualcosa, un richiamo sottile e feroce che lo spingeva a rivederla.
Tecla era figlia di contadini, gente semplice. Due fratelli che si spaccavano la schiena nei campi, un padre silenzioso, la terra sotto le unghie. Lei, invece, restava a casa o si occupava delle incombenze di famiglia.
Quando camminava per le stradine acciottolate, sembrava una Madonna solitaria. Tutti si voltavano a guardarla. Non era solo bella, era un’apparizione. Eppure rimaneva distante, quasi intoccabile. Ma Loris sapeva che dietro quella grazia si nascondeva una mente affilata, una fame di parole e pensieri che pochi riuscivano a reggere.
Il ricordo del loro primo incontro gli bruciava ancora sotto pelle. La luce del tramonto nei suoi occhi grandi, la voce che sussurrava anche quando parlava forte. Loris, accanto a lei, si sentiva un analfabeta della mente. Rimaneva zitto, ad ascoltarla. Non servivano parole sue: bastava lei.
Durante quelle sere fredde di dicembre, il pensiero di Tecla lo tormentava come un fuoco che brucia lento e non muore mai.
Le telefonò dicendogli solo: “Stasera sarò lì.”
Lei rispose con un “Va bene.” Nient’altro. Ma bastava.
La strada per Petralia era silenziosa. Il buio, la neve ai lati, il cuore che accelerava man mano che si avvicinava al borgo.
Lei lo aspettava. Seduta sulla solita panchina, sotto i lampioni. Era notte. Iniziava a nevicare.
Lui scese dall’auto, un vento gelido lo colpì in faccia, ma non gli importava.
Tecla era lì. Gli occhi brillavano. La neve le cadeva sui capelli. Sembrava una creatura d’altri tempi, venuta da chissà dove.
Si sedette accanto a lei. Non dissero una parola. Si abbracciarono. Un abbraccio lungo, lento, silenzioso. Parlava tutto: il corpo, il fiato, il gelo che cercava di entrare e loro che lo respingevano restando stretti.
Poi, Loris le prese la mano.
Salirono in macchina. Chiuse le portiere, come a chiudere il mondo fuori.
Partirono, lasciandosi alle spalle le luci del borgo, che nello specchietto retrovisore diventavano piccoli punti lontani.
Guidò in silenzio finché non trovò uno spiazzo isolato. Spense il motore.
Dentro l’auto, il silenzio era denso. Si guardavano. Solo quello. Si baciarono. Poi si presero.
Fecero l’amore con rabbia, con dolcezza, con tutto quello che avevano taciuto. Le mani di Loris percorrevano Tecla come per impararla a memoria. I respiri, le scosse del piacere, i brividi. L’auto era diventata un rifugio, un ventre sicuro dove il mondo fuori non poteva entrare.
Fu un atto sacro e disperato insieme. Come se sapessero che sarebbe stato l’ultimo.
Alla fine, rimasero nudi, avvolti nel silenzio e nella bruma dei finestrini appannati.
Non dissero nulla.
Non ce n’era bisogno.
Le prime luci dell’alba filtravano piano. Era finita. Ma quella notte sarebbe rimasta per sempre.
Un frammento d’eternità nascosto tra i giorni ordinari della vita.
Un amore senza futuro. Ma indimenticabile.
Eterno.
Post scriptum
Non l’ho più rivista.
E forse è stato meglio così.
Ci sono amori che si salvano solo se li lasci morire al momento giusto.
Quella notte non è finita: si è solo nascosta da qualche parte, dentro di me.
Ogni tanto riappare, come il sapore del sangue quando ti mordi la lingua.
Dolce e feroce.
Come lei.
@dicembre2021