Viviamo sempre in un affanno quotidiano.
Una corsa nel vuoto. Un criceto sulla ruota, che non sa più se corre per andare da qualche parte o solo per non sentire il silenzio.
E noi?
Noi dietro, sempre un passo in ritardo.
Quando ci sembra di averlo fregato, l’affanno… zac! ci ritroviamo vecchi, rincoglioniti, col cuore che fà le bizze e una lista di rimpianti più lunga del curriculum che non hai mai mandato.
La verità? (si parlo sempre di questa cazzo di verità)
Viviamo come ci dicono di vivere. E lo facciamo pure volentieri. Obbedienti, rassegnati, Ce lo inculcano dentro sin da bambini, ‘sto copione da recitare. E se provi ad andare contro questo canovaccio, ti fanno fuori. Ti lasciano ai margini, come un barbone qualsiasi ma con le idee.
Eppure, per fortuna, c’è ancora chi usa il cervello per pensare. Non molti, ma qualcuno sì.
Qualcuno che guarda la realtà e dice:
“No, non mi convince. Questa piece fa acqua. Questo affanno non mi appartiene.”
Ma poi che fai?
Allora provi a vivere a modo tuo… e ti accorgi che la follia, quella vera, è sparita.
L’hanno sterilizzata.
La bellezza che nascondeva, anche..
Siamo rimasti visitatori di un istante.
Gente che passa, guarda ma non tocca. Non sente. Non vive davvero.
Forse l’unico gesto rivoluzionario che ci resta è smettere di seguire,
smettere di fingere. Smettere di raccontarci che un giorno cambieremo le cose.
L’uomo, se ha le palle. è destinato a cercare. E forse, se è abbastanza stronzo o abbastanza disperato, trova pure qualcosa.
Una verità scomoda.
Una donna che non ha paura di mangiarti con lo sguardo.
Un attimo di lucidità che ti trapassa come una pugnalata.
Io non so cosa sto cercando.
Forse non lo voglio nemmeno sapere.
Ma ogni tanto, quando il mondo si zittisce e le voci dentro gridano forte,
scrivo.
Cazzate, forse.
O forse no.
Forse “quell’istante”, se lo riconosci, ti dura tutta la vita.
E in culo al mondo.
@luglio2024-25