E mentre calava la notte,
le nuvole scivolavano sulla pelle di Palermo
come mani che non sanno consolare.
Il respiro si spezzava
sulla foce di quel boato
che ancora oggi mi graffia i polmoni.
Rumori sfatti,
sporchi di urla e parole rimaste a metà,
di corpi impastati con l’asfalto rovente,
di occhi che non hanno fatto in tempo a chiudersi.
E mentre cala di nuovo la notte,
penso che siamo cresciuti così,
complici di un silenzio,
nutriti a pane, pioggia e detonazioni,
noi che abbiamo dato voce ai morti
per non farli marcire nell’oblio.
Abbiamo visto tutto.
Abbiamo taciuto troppo.
Le nostre radici,
ora, brucano cemento
come pecore senza pastore.
E forse ci va bene così,
per non ricordare
che anche “quel Dio” quel giorno
aveva cambiato marciapiede.
19 luglio 1992