Il bianco e nero delle cose che ritornano

Il bianco e nero delle cose che ritornano

Al momento stai visualizzando Il bianco e nero delle cose che ritornano

(appunti di un pianista alla fine del mondo)

Due figure immobili e ribelli su quelle rocce. Cosa possono raccontare?

Una roccia nuda e testarda dal tempo, e il mare sembrava che le leccasse le piaghe con la lingua ruvida della schiuma.

Due ragazze, lì, immobili come memorie dimenticate. Una si lasciava amare dal sole, l’altra si portava addosso la malinconia come un vecchio tatuaggio.

Lei, una volta era stata una violetta in un vaso qualunque, ora sembrava volersi buttare giù da un pensiero. L’altra aveva occhi che sputavano calore, un’idea di pioggia arcobaleno tra i capelli e un orgasmo immaginario tra le rovine di una mattina sbagliata.

Una si stancava a ricollocare al sole piante grasse, metafora stanca di una vita che non non sa dove andare. L’altra, o forse era la stessa, perché a guardar bene erano una sola, aveva deciso che la felicità era un inganno elegante, come certe bugie dette all’orecchio.

Loro erano lì.

In bilico tra il tuffarsi o rimanere in attesa.

Felici? Forse. Ma forse ancora non sapevano il significato.

Come il silenzio quando diventa troppo denso per essere rotto.

Una amava la vita con una disperazione ridicola, l’altra voleva solo toccare il rosso, ma solo nei particolari.

Nelle schegge.

Negli spigoli.

E io le guardavo.

Da lontano, con la voglia di sparire in quel bianco e mero.

E in culo al mondo.

@luglio2025