Matrix ve lo ricordate? Un film uscito nel 1999, firmato dai fratelli Lana e Lilly Wachowski.
La prima volta che approdò nelle sale, il pubblico lo snobbò completamente. L’unica cosa che seppero dire, era rivolta solo agli effetti speciali, strabilianti, innovativi, avanti anni luce, ma nessuno colse davvero il significato profondo, filosofico e disturbante che si nascondeva sotto la superficie di quel lungometraggio.
Dentro Matrix c’era tanta filosofia: Platone, Cartesio, Socrate, Nietzsche… e tanto altro. Ma nessuno lo capì realmente.
Restò in sala credo un paio di mesi, poi sparì, silenzioso, lo ritirarono, come un’idea scomoda. Ci vollero due anni perché il mondo iniziasse a capire.
Matrix tornò nei cinema e questa volta fu un’esplosione: il pubblico iniziò a guardare oltre. (almeno credo).
Neo (Keanu Reeves) è un programmatore dalla vita grigia e monotona, sempre in ritardo al lavoro, che di notte si trasforma in un hacker ribelle, alla ricerca di qualcosa che non capisce. (la verità).
Viene contattato da un gruppo clandestino capeggiato da tale Morpheus (Laurence Fishburne), che gli svela una verità insostenibile: il mondo che conosce, quello in qui vive, non esiste. È solo una simulazione, chiamata Matrix, creata da macchine intelligenti per tenere l’umanità sotto controllo. Gli esseri umani non vivono, vengono coltivati in campi sterminati allo scopo di produrre batterie per far funzionare “l’illusione”, prigionieri inconsapevoli.
Neo è “il prescelto”. Si unisce alla resistenza, affronta un percorso di risveglio, consapevolezza, ribellione, fino a diventare una sorta di messia digitale, capace di piegare le leggi della simulazione.
Matrix è un pugno in faccia, è la pillola rossa, è il Caronte che ti traghetta dalla comoda ignoranza alla verità nuda e cruda. A un certo punto, Morpheus dice a Neo:
“All’inizio fu l’uomo a lanciare IA, l’intelligenza artificiale. Un miracolo. Ma un miracolo che sfuggì al nostro controllo. Le macchine svilupparono coscienza di sè e presero il sopravvento.”
Ecco, oggi ci siamo dentro fino al collo. Il senso di quel film lo viviamo ogni giorno, ogni ora.L’
IA è diventata il nostro cucciolo ubbidiente.
Ci giochiamo, la usiamo, le chiediamo consigli, le affidiamo i nostri pensieri, immagini, parole. Gli facciamo fare il lavoro che dovremmo fare noi “unità pensanti”. Ma è solo questione di tempo. L’errore dell’uomo non sarà averla creata, ma lasciarsene dominare.
Sta già accadendo, se ci pensate. I social e tutte le varie piattaforme del cazzo, non sono altro che la genesi di Matrix: ti mostrano il mondo che vuoi vedere, che vuoi vivere, ti cullano con ciò che ti conferma, alimenta il tuo smisurato IO, ti anestetizzano con like e algoritmi.
È una simulazione perfetta e non puoi più tornare indietro.
A mio avviso, Matrix è il nostro prologo. Una sorta di condanna profetica.
Solo che stavolta non ci sarà un Morpheus a liberarci, né un Neo da adorare.
Io, probabilmente, non ci sarò più quando questo verosimilmente accadrà. Ma ci penso. Penso ai miei figli, ai posteri, a quella generazione che, già da tempo è letteralmente persa. Penso a una realtà costruita su misura, fittizia, confortevole e totalmente pericolosa.
La verità, quella vera, non si trova nei riflettori delle certezze urlate, essa si nasconde nei respiri, nelle crepe, nei dubbi e io, finchè sarò qui, continuerò a farmi domande, a coltivare i miei demoni, magari con mezza sigaretta accesa tra le labbra e la cenere che mi cade addosso.
G.L. Giugno 2025