(F. Dostoevskij)
“Io sono un uomo malato… un uomo cattivo. Un uomo sgradevole.”
Così si apre quello che, per me, è uno dei testi più grandi mai scritti. Un libro che mi è rimasto dentro, forse anche disturbato, ma così profondo da rileggerlo di tanto in tanto. Memorie dal sottosuolo è un romanzo breve di Dostoevskij, una sorta di monologo interiore di un uomo senza nome, che vive nel sottosuolo di un abisso psicologico.
È un ex impiegato statale di Pietroburgo, un intellettuale rancoroso, paralizzato dalla propria coscienza e, soprattutto, ai margini di sé stesso. Oggi lo definiremmo un uomo alienato. Il suo è un flusso di coscienza continuo, contro sé stesso e contro il mondo che lo circonda.
Il libro è diviso in due parti:
- Il sottosuolo, in cui il protagonista espone la sua visione del mondo con toni filosofici e polemici, demolendo la logica, la scienza e l’idea stessa di felicità.
- A proposito della neve fradicia, una sezione più narrativa e autobiografica, dove racconta episodi del passato, come il celebre incontro con Liza, una giovane prostituta che cerca di amare e salvare, fallendo miseramente.
Alla prima lettura, questo libro non ci fa sentire a nostro agio. È come se il protagonista ci parlasse direttamente, ma cambiasse continuamente idea mentre lo fa. Vuole essere compreso, ma allo stesso tempo si rifiuta di farsi amare.
È importante leggerlo perché scava in profondità, ci mette davanti a parti di noi stessi che spesso preferiremmo non vedere. È un libro autentico, che fa male ma, in un modo tutto suo, fa anche molto bene.
aprile 2025