La stanza dell’orco

La stanza dell’orco

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La camerata dormiva. Più o meno.

Respiri pesanti, sogni storti. Il signor Arena invece no.
lui passeggiava su e giù per quel corridoio buio e lungo, come un vecchio fantasma incazzato. Fumava di continuo le sue MS senza filtro, come se volesse bruciarsi e bruciarci i polmoni prima dell’alba, lasciando dietro di sé una scia puzzolente, una nebbia stanca che entrava nei letti messi uno di fronte l’altro, una nebbia stanca che entrava dentro le lenzuola, nelle narici, nei sogni già spezzati di noi ragazzi.

Ogni dieci passi una boccata avida e un sorso di vino bianco e caldo che emanava un odore di cattivo, di chiuso, di sputo e rimorso. Poi il colpo di tosse catarrato seguito dal mugugno da bestia ferita. Il passo che si ferma, si pianta davanti a un letto. Respira forte. Lento. Pesante come la sua enorme pancia e poi riprende il suo cadenzato camminare trascinando i piedi come catene, fino in fondo, fino a quella porta. La stanza dell’orco, lì dove anche l’aria si fa vigliacca.

2010