Una corsa

Una corsa

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Ogni mattina, all’alba, prima che la città si svegli del tutto, lui corre. Oltre i sessant’anni suonati, ma le gambe, nonostante tutto vanno ancora. Cinque, sei chilometri sul lungomare di Mondello, col vento che sa di salsedine primaverile e le palme che sembrano sempre sul punto di farsi beffa di lui.

Loris non è mai stato uno di quelli che si fermano. Ha sempre trovato un modo per inventarsi la vita, ogni sacrosanto giorno. Più di quarantacinque anni di lavoro, tre trascorsi in quel cazzo di collegio-riformatorio, i preti dicevano “educazione” ma per lui è stato solo legnate e umiliazioni. Quante ne ha prese ma quante ne ha date. Aveva compiuto quasi quattordici anni quando è uscito da lì, ma con le ossa intere e lo stomaco in fiamme. È stato quello il momento in cui ha deciso che non si sarebbe mai lasciato mettere sotto da nessuno. Sempre diverso dalla massa.

   E adesso è qui. Corre, poi si ferma. Incontra qualcuno ma lui non ricorda chi sia, lo salutano e lui fa un cenno ma poi fra se e se “ ma chi cazzo era?” Quando si stanca si siede sulla sabbia fredda di marzo, il posto migliore per Mondello, in estate sa troppo di puzzo d’umanità. Sente il sudore che gli si asciuga addosso. Il mare davanti a lui è pulito, limpido come non lo vedeva da tempo. Lo guarda e pensa a tutto il tempo che ha vissuto, a quello che gli rimane. Ha lavorato, ha sofferto, ha amato. Ha lottato. Sempre. La vita non gli ha mai regalato niente, ma lui non ha mai mollato.

     Si alza. Si toglie la maglia, sente l’aria ancora pungente sulla pelle. L’acqua è lì, immobile e viva. Ci mette un piede dentro. È fredda, ovvio che è fredda. Ma chi se ne fotte?

     Resta lì, con l’acqua alle ginocchia, e aspetta. Aspetta di decidersi, aspetta che il mare gli dica se è il caso di buttarsi o di tornare indietro. Aspetta, come ha sempre fatto, che la vita gli risponda quando lei accade.

Marzo 2025